LEGA PRO, IL FALLIMENTO E’ RIVOLUZIONE
Le calciatrici, in Italia, diventano sportive professioniste. Anche dal punto di vista contrattuale. Lo ha stabilito la commissione Bilancio del Senato che ha approvato un emendamento, alla manovra presentata dal Pd, che equipara le donne ai colleghi “maschietti”. Per promuovere il professionismo, anche nel calcio femminile, viene introdotto l’esonero contributivo al 100 per cento, per tre anni, in favore dei club femminili che stipulano con le calciatrici un contratto di lavoro sportivo.
Un sonoro “ceffone” al calcio professionistico della terza serie. La Lega Pro, nella la gestione Ghirelli, va sotto ancora una volta. Va ancor più allo sbando. Oserei definirlo un fallimento.
Al di la della complessità del provvedimento. Nel calcio femminile non esistono ancora parametri retributivi. Minimali o massimali che dir si voglia. Ci si interroga, per esempio, a quale categoria maschile dovrebbero essere equiparate le ragazze. Certamente non a quelli della serie A. Il papocchio si affaccia alla porta.
In ogni caso si tratta di un messaggio trasversale all’intero sistema del calcio.
Il Governo italiano, perlomeno quello attuale, ritiene evidentemente che il professionismo di terza serie, nella struttura esistente, non abbia più alcun futuro. Lo dimostra con l’approvazione di quell’emendamento. Meglio dedicarsi ad un movimento in crescita come quello del calcio femminile che supportare la serie C maschile. Un esplicito invito a ricercare, all’interno di quella organizzazione, la soluzione degli “incancreniti” problemi di natura finanziaria. Del resto le avvisaglie dell’indifferenza istituzionale, alle grida di allarme lanciate dai club, si erano già avvertite.
La palese dimostrazione che il “girovago” Ghirelli ha preso in giro suoi presidenti, dal giorno del suo insediamento a capo della Lega Pro. La promessa defiscalizzazione contributiva, per i 60 club della terza serie, diventa infatti un miraggio irrealizzabile.
Spieghi ora su quali fondamenta si poggiavano le sue promesse. Quali erano le sue proposte. I progetti. I contatti istituzionali a Palazzo Chigi.
Altro che le famiglie, i campanili ed i pulmini. Le visite pastorali su e giù per l’Italia.
Dopo le inconcludenti minacce di sciopero estive (ricorderete quell’annuncio, in pompa magna, che prevedeva stop all’avvio dei campionati, peraltro mai realizzatosi) ha ora stabilito che la partite di domenica prossima si inizino con quindici minuti di ritardo. Hai capito che provvedimento!
Nel palazzi istituzionali, al giungere di questa decisione, hanno tremato tutti.
Ma per piacere. Facciamo i seri.
La verità è che questa Lega Pro, così come è concepita, interessa sempre di meno. Scompare ogni giorno di più a livello di comunicazione. Non attira gli sponsor. Impone regole finanziarie ed infrastrutturali, al pari delle categorie superiori, che i presidenti non sono in grado di sostenere.
Una su tutte? La più gravosa. La contribuzione. Più della metà delle società sono ancora gravate da vecchie rateizzazioni concordate con l’Ufficio delle Entrate.
Troppi 60 club in serie C (lo si dice da tempo immemorabile). Poco il denaro rinveniente dai diritti televisivi. Scarsa la mutualità. Incassi al botteghino (tolto qualche raro caso) fallimentari. Mediocre lo spettacolo generale. Con una pessima aggravante. Scompare la meritocrazia, in molti casi giocano i portatori di “zainetti”, in altri allenano quelli che promettono denaro.
Però il bel “Gabri” ed il girovago Ghirelli continuano a incensarsi ed a raccontarci che va tutto bene! Un po’ come quella vecchissima barzelletta del pugile che sul ring veniva riempito di “cazzotti” dall’avversario, ma quando tornava all’angolo si sentiva dire, dal suo secondo, di proseguire perché tutto andava per il meglio. Pensano di poterci trattare da deficienti.
Sulle dinamiche di gestione della serie C ci sarebbe da scrivere un poema. Si criticava la Macalli maniera, ma alla resa dei conti non si è migliorati in nulla.
Ora circola voce che il bel Gabri abbia in animo di modificare la struttura dei campionati di serie B e di Lega Pro. Un progetto ormai obsoleto che circolava sui tavoli di via Allegri già tre anni orsono. Una sorta di B1 e di B2 (a due gironi?) con la possibilità di cancellazione della serie C. Mi chiedo se sarà mai possibile arrivare alla quella categoria che definimmo di “Elìte” semiprofessionistica. Gestita dalla Lega Nazionale dilettanti.
Ho l’impressione che si facciano soltanto troppe parole, dimenticando l’importanza (determinante) dei pesi elettorali. La ripartizione, in percentuale, tra le varie componenti. Ai meno avvezzi alle cose di “palazzo” ricordo che la Lega Dilettanti vale il 34 per cento. I calciatori il 20. Gli allenatori il 10. Due gli arbitri. 12 la lega di Serie A. 5 la serie B. Ben il 17 per cento la Lega Pro.
Una macroscopica incongruenza che la massima serie, il volano del sistema calcio nazionale, incida meno della Lega Pro.
Nella indispensabile ristrutturazione generale, non solo dei campionati, bisognerà ridistribuire i valori. Altrimenti, nel gioco delle inevitabili alleanze non si potrà mai giungere ad una maggioranza in grado di gestire autorevolmente ed autonomamente.
Ricordiamoci, al proposito, che Gravina non è stato eletto per meriti, ma per un accordo, maturato tra le componenti, teso unicamente a scalzare la pessima gestione commissariale di Fabbricini. Che poi il bel Gabri cerchi nel tempo di stravolgere gli accordi, prevaricando i patti, è argomento che dovrà essere trattato, con grande interesse e dovizia di particolari, nel prossimo futuro.
Per ora concentriamoci sulla serie C.
Quaranta squadre divise in due gironi è la soluzione, sotto gli occhi di tutti. La più percorribile. Constatata la volontà istituzionale di non concedere sgravi alla categoria sulla contribuzione (rintrona ancora il rumore di quel “ceffone” della Commissione Bilancio del Senato) rimane una sola soluzione al difficile problema economico. Ghirelli se fosse stato valido ed avveduto presidente avrebbe dovuto perseguirla con pervicacia.
Renzo Ulivieri, per vedere riconosciute le sue richieste a favore della categoria che rappresentava (gli allenatori), non esitò ad incatenarsi ai cancelli di via Allegri. Ottenne il suo scopo. Il “girovago” pensionato (Ghirelli) doveva farlo davanti al portone di via Rosellini a Milano. Quello si che sarebbe stato un caso eclatante, non i 15 minuti di ritardo, programmati in tutta fretta, nell’inizio delle gare di domenica prossima!
Doveva trovare l’accordo con la Lega di serie A “barattando” una quota percentuale di quel 17 percento in cambio di una cospicua somma in denaro. Un impegno economico nel tempo tale da aumentare il corrispettivo dei diritti televisivi, per la categoria rappresentata, a una cifra soddisfacente per permettere ai club una gestione adeguata.
Questa era e rimane la missione di Ghirelli se vuole dimostrare. Altrimenti faccia un passo indietro. Convochi l’assemblea delle società. Si metta in gioco visto che con il suo amico Gravina ha già iniziato la campagna elettorale. Lasci ai presidenti (intimoriti da possibili quanto inopportune ritorsioni) decidere con voto segreto. Una sorta di cartina di tornasole. Senza però poi imitare quanto accaduto, lo scorso anno, nella elezione del presidente della massima serie.
La serie A. Dicevo. La pessima procedura adottata nell’elezione di Gaetano Miccichè. Il calpestato conflitto d’interesse. Gravina che attende più di un anno per chiedere l’intervento della Procura Federale (i maligni dicono che il bel Gabri abbia mire anche lì). Giovanni Malagò che piomba a Milano pregando (imponendo?) a Miccichè di dimettersi. Una decisione non gradita a Banca Intesa. Quel vocale registrato dell’assemblea che ha fatto il giro dell’universo e che ha evidenziato la pochezza non solo caratteriale di taluni presidenti. L’assurdo, nell’occasione, silenzio assenso di Stincardini che lo ha accompagnato al licenziamento. L’infelice esternazione dell’amministratore Delegato De Siervo sui cori razzisti.
Mi chiedo, ma sto calcio italiano che fine sta facendo?
Nel frattempo.
Fra tanto grigiore si fa sempre più insistente la voce che il colosso Arnault abbia concluso con Elliot l’acquisto del Milan. Finalmente uno squarcio di luce nel grigiore assoluto che avvolge il sistema.
L’operazione, come ho recentemente anticipato, prevede altresì il ritorno in grande stile e con pieno merito di Carlo Tavecchio. Troppo in fretta costretto a mettersi in disparte per giochi di potere politico ad arte precostituiti. Fatti che il tempo ed i pessimi risultati ottenuti dai suoi antagonisti hanno drasticamente e sonoramente bocciato.
Vero Giovannino!