Federcalcio: l’ennesimo intervento senza contenuti
“Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi” La frase, ripresa da ‘Il Gattopardo’ di Tomasi di Lampedusa identifica magnificamente la situazione attuale del calcio italiano. L’incoerente adattamento al nuovo, ma nel contempo l’incapacità di cambiare se stessi. Con grande sintesi: l’ennesimo intervento senza contenuti.
Gabriele Gravina presidente della Federcalcio e Mauro Balata, presidente della Lega di Serie B, si parlano a mezzo comunicati stampa. Il contendere è sempre lo stesso: il format del campionato cadetto. Un Consiglio Federale, quello di Martedì scorso, che non ha prodotto nulla di nuovo. Come al solito si è parlato di tutto meno che degli argomenti più importanti. Format, Giustizia Sportiva, Club Italia.
La diatriba è sorta anche sugli argomenti all’ordine del giorno. Gravina sostiene una tesi, Balata quella opposta. Ma non potevano confrontarsi e concordare in via preliminare? Come accade a tutti i comuni mortali. Sarebbe stato certamente più semplice e produttivo.
Intanto si è arrivati a gennaio ed ancora non si conoscono le norme che disciplinano (disciplineranno) il meccanismo di promozioni e retrocessioni. Dalla serie B in giù. La serie B a 22 (recitano le noif)? No assolutamente a 19 (replica Balata).
Nel frattempo ai presidenti di Lega Pro, riuniti in assemblea lunedì scorso, è stata propinata la possibilità di un accordo tra le componenti per un campionato cadetti a venti squadre che avrebbe riservato alla terza serie 5 promozioni. Una “polpetta” difficile da digerire dopo essersi sentiti promettere (più volte) sette promozioni. In ogni caso, pur tra qualche mugugno, viene ugualmente conferito mandato a Francesco Ghirelli per chiudere l’accordo, il giorno successivo, in Consiglio Federale. In fin dei conti un passo avanti si sarebbe pur compiuto.
Peccato però che Balata, contrariamente a quanto comunicato a quei presidenti, non ne sapeva nulla (ha asserito/sostenuto che l’argomento non era all’ordine del giorno). Il giorno successivo ha rincarato la dose sul suo format a 19 squadre. Claudio Lotito (il “magno” non si smentisce mai) il prossimo campionato di B lo vorrebbe addirittura a 18.
E’ sensazione generale che quel Consiglio Federale (martedì scorso) sia servito solamente allo scambio degli auguri natalizi.
Francesco Ghirelli si è espresso, a più riprese, indicando Gabriele Gravina come l’uomo che in due mesi ha rivoluzionato la Federcalcio. Debbo chiedere delucidazioni perché il fatto non mi si appalesa nitidamente. Non vorrei essermi perso qualche passaggio. Io sono rimasto a quei “tavoloni” che peraltro non verranno mai imbanditi.
Si è giunti a gennaio, accennavo sopra. Alla riapertura della campagna trasferimenti (pensate che Gravina ha delegato l’assemblea di serie A per stabilirne la durata, apprenderemo tutto nei prossimi giorni). I presidenti di Lega Pro, nel frattempo, navigano a vista. Con l’interrogativo se è giusto o meno investire e fare qualche ulteriore sacrificio finanziario con la prospettiva di un incremento delle promozioni. Ponendosi in ogni caso l’interrogativo su quanto possa considerarsi regolare il campionato in corso. Ed anche in quel caso della necessità o meno di rinforzarsi. Si perché la Reggina che vince a Caserta e il Matera che ferma il Catanzaro sollevano grandi perplessità. Qualche danno lo stanno facendo. Entrambe, assieme a Pro Piacenza, Cuneo, Rieti e qualche altra, risultano inadempienti nei pagamenti ai propri tesserati ed anche nel deposito delle garanzie fidejussorie. Le famose Finworld.
Francesco Ghirelli si è fatto carico di una grande patata bollente. Si era preso due mesi di tempo per il raggiungimento di risultati apprezzabili. I due mesi sono quasi trascorsi. Il sistema non lo sta aiutando. Il suo impegno è notevole, ma gli argomenti affrontati hanno rilevanza marginale rispetto ai problemi reali della categoria. Tra i presidenti serpeggia lo scontento. Più d’uno lancia segnali di insofferenza. Seppure sommessamente si sta sollevando una “brezzolina” chiamata serrata. In diversi vorrebbero fermarsi. Un modo come un altro per richiamare l’attenzione delle Istituzioni. Ghirelli, pur in possesso di temperamento e carattere decisionale, deve uniformarsi al passo (lento) della presidenza federale. Un deterrente. I problemi della Lega Pro si chiamano sostenibilità e solvibilità. Occorrono, nell’immediato, risorse economiche importanti. Occorrono iniziative appropriate. Occorre rivitalizzare la categoria. Fare esercizio di pubbliche relazioni non paga. Non è sufficiente. E’ indispensabile produrre nuovi ricavi “sostanziosi”.
Ci vuole coerenza e chiarezza. Ricordo un progetto non lontano di Gravina che prevedeva una B2 in due gironi. Ora in quale cassetto giace? Oggi ci si riempie la bocca parlando di apprendistato, di semiprofessionismo e della “scomparsa” della terza serie. Significa “bastonare” il sistema. Significa offendere la memoria di Artemio Franchi e Ugo Cestani. Di coloro che fecero della terza serie una nicchia di qualità e di talenti.
L’elezione di Gravina con oltre il 90 per cento delle preferenze ha tratto tutti in inganno. Si pensava a una coalizione forte, coesa. Si è inutilmente sperato che finalmente si sarebbe ragionato, tutti, a sistema. Non è così. Presentarsi con il “piattino” nelle serie maggiori lo ha impegnato a concedere a destra ed a manca. La prima avvisaglia si è avuta quando il nuovo presidente federale, appena eletto, ha nicchiato sul format della serie B. Poteva avvalersi dell’articolo 24 dello statuto federale e ristabilire, immediatamente, gli equilibri. Ha tergiversato. Oggi stiamo ancora correndo dietro la gonna di Balata. Andando a ritroso nel tempo ritorna alla mente di quando Mario Macalli pagò con denaro della Lega Pro (277 mila euro) la parcella di un avvocato che lo aveva difeso in una personale vicenda penale. Una irregolarità mostruosa che Macalli pagò a caro prezzo. Gravina che gli subentrò avrebbe dovuto, a tutela dei suoi presidenti, promuovere azione di responsabilità, nei confronti del direttivo e del collegio sindacale dell’epoca, per il recupero di quella cifra. Non lo ha mai fatto. Tanto per rendere l’idea.
“Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”. Scriveva Tomasi di Lampedusa.
Appunto.