Eziolino Capuano, quando “friggere il pesce con l’acqua minerale” non è un modo di dire
Ezio Capuano nato a Salerno 56 anni fa. Una lunga carriera alle spalle. E’ attualmente l’allenatore del Messina. Personaggio vulcanico. Mai banale, pungente, passionale e sincero. Tanti aggettivi, da usare, per descrivere la personalità e il carattere eclettico di “Eziolino” che ha maturato esperienza in una lunga carriera, fatta di tanta gavetta, in oltre in trent’anni di panchina. Breve la sua carriera di calciatore interrotta, a diciassette anni, a causa di un infortunio, con sole ventitré primavere sulle spalle volle dare inizio alla sua nuova vita da allenatore.
Dopo aver girato in lungo ed in largo la penisola è oggi un vero protagonista della serie C e sicuramente uno dei migliori tecnici della categoria. Ha all’attivo anche un trascorso in serie A nel campionato belga, ma forse proprio a causa del suo carattere schietto, che dai più non viene apprezzato, non è riuscito finora a compiere il salto di categoria. Oltre al calcio, è famoso per le sue sfuriate, plateali, in programmi televisivi ed interviste sportive, tanto che le sue perfomance sono spesso diventate virali.
Lo abbiamo avvicinato a pochi giorni dal suo insediamento sulla panchina peloritana, dopo l’esonero di Sasà Sullo.
Capuano come vede questa serie C girone C, dove è appena riapprodato?
In realtà non me ne sono mai andato. Sono stato solo qualche mese in attesa di una nuova panchina che è subito arrivata. Questo è un campionato molto livellato da ambedue i fronti: sia in alta classifica con Bari, Catanzaro, Palermo… sia verso il versante in basso, poi ci sono alcune buone squadre nel centro classifica con Foggia, Avellino, Monopoli… che esprimono un bel gioco. Ma, ripeto, è un campionato molto livellato. Tutto può accadere, i giochi sono ancora aperti.
Lei, per tutti, è un indiscusso stratega per quanto riguarda la terza serie. Applicato e minuzioso nella tattica. A detta di molti sprecato in C e meritevole delle categorie superiori. Si è fatto un’idea di cosa le ha impedito questo salto?
Probabilmente il mio carattere un po’ impulsivo che viene spesso frainteso. A dire il vero, nel tempo, mi hanno cucito addosso un personaggio che non mi appartiene del tutto. Dico solo quello che penso, magari con un po’ di veemenza e questo si sa non piace sempre a tutti. Col tempo ho cercato di migliorarmi, perché si è sempre in tempo per correggersi, ove ce ne fosse bisogno. C’è anche sempre tempo per fare questo famoso salto e chissà che prima o poi non mi riesca.
Uomo dai miracoli impossibili, abituato, come da lei asserito a più riprese, ‘’a friggere il pesce con l’acqua minerale’’, ossia prendere squadre in serie difficoltà e portarle a rifiorire. Vedi Avellino, caduto nelle polveri e da lei condotto sull’altare della ripresa. Perché non è stato possibile dare continuità a questo progetto?
Si, quella frase l’ho pronunciata vent’anni fa, quando presi una squadra in una situazione drammatica e la feci risalire. Io non faccio miracoli, ma solo il mio dovere. Per chi mi conosce bene, sa che oltre a fare l’allenatore, in me prevale l’uomo e al di là di quello che sembra in apparenza, sono una persona piena di valori che crede molto in tutto quello che fa. Una ragione ci sarà se da vent’anni non sono mai stato senza una panchina. Per quel che riguarda l’Avellino, io presi la squadra in una situazione difficile anche dal punto di vista societario e nonostante tutto riuscimmo a disputare i play off a Terni. Purtroppo perdemmo gli spareggi. Io a distanza di tempo ancora non mi spiego perché non si riuscì a dare seguito a quel progetto. Le scelte degli altri, anche se a nostro parere immotivata, vanno sempre accettate pur non condividendole. Dell’Avellino e del periodo trascorso lì ho un bellissimo ricordo e sono rimasto affezionato a quella piazza, comunque sia andata.
Capuano uomo di campo, ma altrettanto a suo agio dinanzi alle telecamere. Storiche alcune sue sfuriate contro colleghi e dirigenti. Una in particolare contro Vittorio Galigani. Cosa ricordi di quel periodo e comunque di quella vostra esperienza comune a Potenza?
Ripeto, sono un uomo genuino e passionale e appaio così come sono, davanti o dietro le telecamere. Col tempo si cresce e si matura e magari si reagisce in maniera più razionale e meno impulsiva. Per quel che riguarda Vittorio Galigani penso che sia uno dei più competenti e illustri uomini di calcio. Lui è la storia del calcio e continua ad essere un protagonista indiscusso con la sua pluriennale esperienza. Abbiamo lavorato insieme a Potenza nella stagione 2009/2010, ma l’avevo già conosciuto in precedenza, quando eravamo entrambi a Trapani. Dico che tra un dirigente e un allenatore ci sono sempre discussioni e scambi di vedute alle volte con ottiche diverse e questo rientra nella normalità. Basta pensare che proprio a Potenza il direttore nel mese di settembre mi esonerò e dopo circa un mese e mezzo mi richiamò per riprendere il mio posto. Vivemmo in quella stagione una situazione surreale, noi e la squadra, ma riuscimmo, cimentando il gruppo, a superare tutte le difficoltà. Può sembrare una situazione inverosimile, ma nel mondo del calcio accade anche questo e comunque ogni esperienza è da ritenersi positiva perché ti insegna e interiormente ti lascia sempre qualcosa.
Molti dirigenti e calciatori le rimproverano un ‘’caratterino’’ particolare. Una dialettica e dei modi oltremodo spiccioli. Lei si sente più vittima o carnefice?
Io mi sento innanzitutto un uomo per bene, con dei valori che cerca di mettere in campo nel mio mestiere. L’allenatore è un leader e quindi, dovendo prendere delle decisioni, deve essere al tempo stesso razionale, autorevole e deve sapersi far rispettare da tutti, ognuno con un modo di essere e di pensare differenti. Io direi, facendo un paragone, di comportarmi da pecora con gli agnelli e leone con chi mostra di essere altrettanto. Quindi mi sento vittima e carnefice a seconda di chi mi trovo di fronte.
Lei è anche famoso per le sue corse dalla panchina verso la curva, nel gesto di abbracciare i tifosi, in occasione dei goal messi a segno dai suoi giocatori. Quale significato dà a questo fare colorito?
Non sono né il primo né l’ultimo ad aver compiuto questo gesto. Lo hanno fatto anche Mazzone e Josè Mourinho e quindi perché non… Capuano? L’allenatore rappresenta un popolo, il popolo dei tifosi riuniti sotto la stessa bandiera. Un goal è condivisione e quindi gioire insieme alla curva, mi sembra un gesto naturale e spontaneo. Correre verso di loro per sentirsi vicini è gioire per lo stesso obbiettivo.
Eziolino, lei in tanti anni di carriera non è mai rimasto al palo, in ogni stagione l’attendeva una nuova panchina. Attualmente allena il Messina ed appunto, dopo aver fritto tanto pesce con l’acqua minerale, cosa si aspetta da questa nuova esperienza sullo Stretto?
Mi aspetto di raggiungere l’obiettivo per cui sono stato chiamato. Torno qui dopo undici anni, con lo stesso entusiasmo di allora. A quei tempi c’era la promessa di un ripescaggio che non arrivò mai e quindi andai via, perché la serie D è una categoria che non conosco. Ora l’obbiettivo da raggiungere è la permanenza in categoria senza spareggi. Mi impegnerò per una salvezza tranquilla.
Inevitabile una domanda su Taranto, lei ha allenato i rossoblu nella stagione 2011, che ricordo ha della città, tornerebbe in riva allo Ionio per riprovare quella esperienza?
Taranto è una città stupenda e la sua tifoseria è eccezionale. Certo che tornerei, non è mai troppo tardi, c’è sempre tempo per tutto.