DIAMO UN CALCIO AI PROBLEMI DEL CALCIO

E’ ricominciato il campionato di serie C.
E’ iniziato con molto ritardo, a causa di situazioni di possibile default per diverse squadre che, solo nell’approssimarsi delle scadenze perentorie, sono riuscite a rientrare nei limiti imposti dalle norme e vigilate dalla Covisoc.
La Covisoc, come ben sapete, é la Commissione di Vigilanza delle società di calcio che controlla i paletti molto rigidi e difficili, imposti dai regolamenti, in cui rientrare sia dal punto economico che gestionale. Senza il parere positivo di questo austero organismo non ci si può iscrivere al campionato.
Tra i parametri, da rispettare assolutamente, il più impegnativo é sicuramente l’indice di liquidità. Tale spia (quasi sempre rossa per molti club, anche di serie A) indica la capacità di una squadra di far fronte agli impegni finanziari a breve-medio termine.
Se ci si presenta con un indice basso, perdonatemi la battuta, si riceve in risposta un dito medio!!!
Ma ditemi di grazia, con questa crisi che ormai spadroneggia in tutti i settori economici dell’universo, come debbono fare le Società a rientrare nei parametri previsti.
Il sistema calcio ed i Presidenti  sono in chiara difficoltà da anni. Non dovrebbero anch’essi fruire degli aiuti economici e dei ristori previsti a tutti gli altri settori imprenditoriali? Non sono forse a capo anch’essi di un ramo aziendale che, tra l’altro, produce un fatturato più che consistente? Dall’attività del sistema calcio traggono vantaggio tanti altri settori quali il trasporto, il turismo, la ristorazione, il settore alberghiero. Solo per citarne alcuni. Non trascurando il settore dell’abbigliamento sportivo.
Perché molte imprese anche a un basso fatturato rientrano nei ristori previsti dallo Stato e il calcio che muove miliardi e miliardi di euro no?
Una cosa é il fatturato, che per il calcio é ottimo, un’altra il vero utile che é invece scarsissimo o addirittura in rosso. Dal fatturato bisogna  infatti detrarre le spese che sono tante …..milioni di milioni (diceva una vecchia pubblicitá).
In special modo il costo del lavoro. Il primo su tutti.
 Anche Gabriele Gravina, Presidente della Federcalcio ha recentemente lanciato un grido d’allarme nel quale ha sottolineato come il mondo del calcio rischi di andare in default.
Gravina ha inviato un messaggio che merita la massima attenzione e invita alla riflessione.
Se anche tra le squadre di serie A e B ci sono in difficoltà di natura economica  figuriamoci quelle di Lega Pro e minori che non possono usufruire dei grossi proventi derivanti dalle pubblicità, dagli sponsor, dai diritti televisivi e dai ristori della Stato.
Non a caso ho accennato al costo del lavoro.
E’ la posta di bilancio che incide maggiormente ed in modo negativo sulla gestione delle società di calcio.
La tassazione.
In altri Paesi d’Europa la parte contribuiva che grava sugli stipendi dei tesserati si aggira su percentuali contenute. In Italia la parte netta viene raddoppiata, al lordo, dagli oneri riflessi. Un aggravio insuperabile, in molti casi ed in tutte le serie. Dalla A alla Lega Pro. La forche caudine imposte dai regolamenti (indice di liquidità) diventano a volte insuperabili agli occhi dei controllori Covisoc.
E’ indiscusso che anche nel sistema calcio occorre un intervento del legislatore. Ristori mirati. Imprescindibili, a questa altezza, per salvare il fatturato di uno dei settori più importanti del produzione nazionale. Messo in difficoltà prima dalla pandemia (stadi chiusi al pubblico) ed ora dalla crisi che sta mettendo in ginocchio il nostro Paese.
Con una amara considerazione.
La partita, di questo passo, rischia di diventare un palliativo  per gli occhi dei tifosi. I risultati del campo alle volte diventano virtuali. Le classifiche, in ultima analisi, le stabiliscono il Tar o il Consiglio di Stato.
Il tutto conferisce al sistema calcio una pessima immagine.
Ci rifletta il legislatore…