Cetto e la Reggina: non sempre vale il “tale padre e tale figlio”
Facente funzione o essente funzione. Reggio Calabria, che nel cuor ci sta, è ormai da troppo tempo in mani non raccomandabili. Almeno secondo la magistratura. Ci mancavano solo i guai della Reggina. Che si sommano, oltre agli scandali relativi al principale ateneo, anche al disarcionamento forzoso del primo cittadino Giuseppe Falcomatà.
Del vortice giudiziario in cui è finito il presidente Luca Gallo, abbiamo già scritto. Si attende il pronunciamento del Tribunale del Riesame di Roma per la sua scarcerazione (dai domiciliari). Eventualmente, ma è difficile, anche per il dissequestro delle aziende. La Reggina vanta alcuni professionisti che ne hanno a cuore le sorti: fra questi spicca per ruolo e carisma il direttore sportivo Massimo Taibi. Lasciatosi non benissimo come portiere nel 2001, da dirigente si sta caricando sulle spalle anche compiti non suoi.
Nelle ultime ore, Taibi ha rotto il silenzio. Parlando a tutela dei dipendenti al servizio presso il centro sportivo. E lanciando una frecciata agli sciacalli. Ce l’ha forse con qualche menagramo il quale, presentandosi al solito suo da umile innamorato della Regg(h)ina, spera che i destini sportivi scivolino verso le categorie (dilettantistiche) utili allo stesso, al fine di riposizionarsi in plancia? La nostra è un’intepretazione da ignoranti. Un volo pindarico.
La Reggina ci sta simpatica, siamo fiduciosi che verrà salvata. Stavolta non servirà la firma del sindaco, per ripartire dal dilettantismo. Di sicuro, non la firma di Giuseppe Falcomatà. Il quale ha deposto la fascia tricolore, effetto della legge Severino.
Ci dicono (e ci crediamo) che il figlio del compianto Italo, cui è intitolato il lungomare di Reggio (ossia il chilometro più bello d’Italia, citando D’Annunzio), anche da sindaco in carica (come adesso) accompagnasse i propri figli a scuola calcio. Ovviamente, la scuola della Reggina. Rimanendo sempre al di qua del cancello. Talvolta assistendo agli allenamenti da fuori, assieme agli altri genitori, tramite percorsi impervi.
Lui, che al centro sportivo sarebbe padrone di casa. Dato che lo stesso ricade sul demanio dell’ex Provincia di Reggio Calabria, oggi Città Metropolitana. Umiltà. Saper stare al proprio posto. O comunque, evitare di imporre la propria carica ancorchè la presenza. Magari questi valori appartenessero a tutti coloro che svolgono il suo mestiere. Giuseppe Falcomatà è degno figlio di cotanto padre. Un signore.
Su chi lo sta sostituendo sia al Comune che all’ex Provincia, ossia i facenti funzione, sospendiamo la valutazione. Hanno tenuto un incontro istituzionale con l’attuale amministratrice delle aziende di Gallo, in una sede che istituzionale non è: il centro sportivo, appunto. Ma non possiamo (e per dirla tutta, nemmeno vogliamo) far finta di non aver percepito l’inopportuna presenza di chi, alle istituzioni, rischia di far fare la fine del muro di Berlino nel 1989. Ogni volta che apre bocca.
Cetto La Qualunque. Cetto La Tellunque. Appellatelo come vi pare.
Ci dicono (e ci crediamo) che il catastrofico Cetto, la bocca, continui ad aprirla. E con la bocca, il vetusto stadio “Granillo” diventa un impianto all’inglese, in grado di ospitare magari la finale dei Mondiali. Pare che i milioni li mette lui. La stessa solfa da anni. Gli stessi anni, ossia da quando Cetto… c’è, in cui la Reggina ha seri problemi proprio con l’impianto di gioco. Però, per tornare all’incipit dell’articolo, bisogna scegliere i momenti giusti per capire se ci si è o ci si fa.
Ed in virtù delle attuali vicissitudini amaranto, sarebbe come recarsi a Mariupol ed esclamare, davanti alle macerie ed in mezzo alle bombe, che lì sorgerà un meraviglioso centro commerciale.
Non vorremmo che lo stesso pensasse erroneamente che ce l’abbiamo con lui. Si sbaglierebbe di grosso. Una caricatura del genere può solo suscitare simpatia. A volte mista ad ilarità. Altre volte a tenerezza. In realtà ce l’abbiamo soltanto con quei dissennati (non tantissimi) che lo hanno votato. Ma come si fa?
Ora, cari 40 o 50 che quel giorno avreste fatto meglio ad andare al mare a Scilla (non a Pellaro), vi rendete conto che qualsiasi imprenditore voglia rilevare la Reggina, dallo sceicco del Manchester City fino all’ortolano Nicola Travaglia del film Johnny Stecchino, rischierebbe di sentirsi catapultato in una dimensione extrasensoriale al primo confronto con Cetto? E che potrebbe scappare a gambe levate, qualora capisse che il suo unico interesse è la carriera di… Melo?
Anche qui tocca mettere i puntini sulle i. Nulla contro Melo. Anzi. Già nel film, dimostra di non avere nulla a che vedere col padre. Probabilmente la carriera la farebbe per conto proprio, senza tale asfissiante presenza anche dentro il centro sportivo. Qui ci possiamo e ci dobbiamo augurare, oltre ad essere quasi certi sia così, che non valga il detto “tale padre, tale figlio”.
Ci dicono (e ci crediamo) che servono urgenti lavori per il manto erboso del “Granillo”. Già per Reggina-Monza, gara d’esordio dell’ultimo campionato di B, ha rischiato di diventare il “Pizzoli Stadium” essendo un campo di patate. Ad agosto prossimo, rischia di presentarsi come un purè. La Reggina in questo frangente, non avendo il capo, è impossibilitata ad intervenire. La politica locale ha la grande occasione per dimostrare se ci è o ci fa.
Lo deve dimostrare a quegli impagabili tifosi che domenica scorsa si sono riuniti per le vie del centro, invitando chi ne ha facoltà a salvare la Reggina. La parte bella del calcio. Una passione che si tramanda di padre in figlio. Appunto.