ALLENARE IN ITALIA, CONTA SOLO IL NOME, ALTRO CHE GAVETTA E MERITOCRAZIA
L’Italia è diventato un Paese difficile per la meritocrazia. Soprattutto per chi vuole emergere dopo aver fatto una lunga gavetta nei rispettivi ambiti professionali. Il problema si evidenzia anche nel mondo del calcio. Anche nella categoria degli allenatori. I quali, dopo tanto studio e sacrifici, si vedono, spesso, la strada chiusa, non per dei loro demeriti, bensì per non avere un nome blasonato o dei trascorsi di rilievo da calciatore.
Nel contesto delle ultime generazioni un’unica eccezione, Arrigo Sacchi!
La Federcalcio, concede a tutti la possibilità di partecipare ai corsi di allenatore per conseguire il patentino. Successivamente però non garantisce la dovuta tutela.
Ormai sono anni che assistiamo ad ex calciatori dal passato prestigioso che, una volta appesi gli scarpini al chiodo, si ritrovano immediatamente ad allenare una squadra di Serie A o Serie B.
Senza aver prima fatto un percorso dal basso, come sarebbe opportuno fare. Il caso più eclatante avvenne con l’attuale ct della Nazionale Azzurra, Roberto Mancini. Sprovvisto di patentino per allenare nella stagione 2001-2002, ritrovatosi, anche grazie a delle giuste conoscenze, a sedere sulla panchina della Fiorentina.
Da quella stagione abbiamo poi assistito ad altri casi analoghi. Sempre a discapito di chi non ha mai fatto parte del calcio dei potenti, pur essendo stato un ottimo calciatore professionista. Nel nostro Paese, sono davvero pochi gli allenatori che sono arrivati ai grandi palcoscenici partendo dal basso, riuscendoci oltre tutto ad un’età non certo giovanissima.
Negli ultimi dieci anni, molte società italiane hanno voluto imitare il Barcellona con Guardiola, non considerando però che il tecnico catalano aveva iniziato la sua gavetta da allenatore proprio nella cantera del club blaugrana. Nulla gli è stato regalato nonostante sia stato un grande campione. In Italia se non ti chiami Mancini, Amelia, Gilardino, Inzaghi , ecc. difficilmente alleni a livelli importanti.
Se le cose non cambieranno, sarà difficile che un giovane tecnico potrà cullare la speranza di intraprendere un’importante carriera. Purtroppo non saranno sufficienti tanti anni di studio e formazione sul campo.
Tutto questo non sembra interessare più di tanto la Federcalcio e l’Associazione Allenatori, visto che entrambi non fanno nulla per migliorare la situazione, magari concedendo a tutti le stesse possibilità di poter arrivare con i propri meriti a livelli importanti, senza favorire il grande nome o quello sorretto dagli sponsor.
Nei mesi scorsi, Sandro Pochesci, si presentò alla Casertana, evidenziandso che molti suoi illustri colleghi, per arrivare al calcio che conta, non hanno fatto alcuna gavetta. Il nostro Paese non privilegia la meritocrazia e la professionalità. Preferisce dare risalto al clientelismo, che molto spesso porta a risultati disastrosi come i risultati testimoniano da anni.