MASSIMO GIOVE DELUSO DA UN TARANTO MODESTO

Tra Fasano e Taranto dove sta la differenza. Nella “fame”. Tanto determinati gli adriatici, quanto molli ed arrendevoli i rossoblu. Fossi nei giocatori del Taranto mi vergognerei. Il foglio paga dei biancocelesti è pari a un decimo di quello percepito da Genchi & Co.
Un Fasano sornione lascia sfogare gli avversari nel primo tempo. Buono in quei 45 minuti il possesso di palla degli uomini di Panarelli. In ogni caso non si sono mai resi pericolosi nei sedici metri dell’area avversaria. Una serie inutile di calci d’angolo battuti sul primo palo che non hanno mai sortito nessun effetto.

Nella ripresa il Taranto è rimasto con la testa (e con il fisico) negli spogliatoi. In uno dei tanti errori di centrocampo la difesa si è fatta trovare impreparata (per l’ennesima volta) ed il Fasano è andato in vantaggio. Lì è in pratica finita la partita.

Perché gli avanti dei padroni di casa, da quel momento, affondavano, con una facilità impressionante, in una difesa fatta di burro. Si è avuta la conferma che Benvenga non può fare il difensore. Allegrini non è ancora in condizione fisica, altrimenti bisognerebbe fare valutazioni, peggiorative, di altra natura. Da ripetutamente la sensazione che la palla gli scotti tra i piedi. Preoccupante per un giocatore della sua esperienza.

Numericamente il centrocampo va sempre in inferiorità. Bene farebbe Panarelli a rivedere il suo modulo tattico. Il 4 – 2 – 3 – 1 non appare al momento idoneo alle caratteristiche dei calciatori che ha a disposizione. Quando sul finire ha corretto la difesa con le sostituzioni le cose sono addirittura peggiorate. Si salva soltanto Ferrara. Stefano Manzo e Cuccurullo sono sottoposti a un lavoro tanto improbo quanto infruttifero. Le incertezze generali si cumulano nei carenti tentativi dei singoli.

Su tutti si erge Genchi. L’indisponente Genchi. Puerile il gesto della gomitata con la quale si procura il giallo. Indispettisce compagni e direttore di gara. Simula falli. Esaspera i presenti. I suoi atteggiamenti nuocciono ai compagni. Non vede mai la porta avversaria. Negativa in assoluto la sua prestazione, irritante la sua presenza in campo. Gioca più per l’avversario che per i propri colori.

Le scelte di Panarelli, riferite alla formazione schierata a Fasano, non sono condivisibili.

Tra la pochezza dei risultati ottenuti nella gestione Ragno e le difficoltà delle ultime due partire si evidenzia che il Taranto, questo Taranto, non è squadra che ha qualità e numeri per vincere il campionato. Un organico sopra valutato quello assemblato in estate. Una rosa certamente folta. Un foglio paga estremante oneroso per la categoria. Una vera assurdità.

Il Taranto del presente necessita di una rivisitazione alla rosa. Genchi, Guaita, Lanzolla, su tutti, sono i primi a dover cambiare maglia. Assieme a qualche under che sino ad oggi si è accomodato spesso in tribuna. Altri dovranno meritarsi la conferma con prestazioni meno deludenti di quelle fornite sino ad oggi.

Domani, 2 dicembre, si riapre la campagna trasferimenti. Nulla è ancora compromesso. Ci sono ancora 60 punti a disposizione in un torneo che notoriamente si decide a primavera. Il club deve poter procedere alle indispensabili correzioni che il caso richiede.

Al termine della gara di Fasano Massimo Giove si è dimesso. Una decisione che lascia trasparire la delusione dell’uomo. Mal ripagato dai propri giocatori. Non tanto per i risultati quanto per l’arrendevolezza dimostrata. Una squadra senza cattiveria agonistica. Senza “fame” come sopra accennato. Una squadra nella quale non si riscontrano i connotati peculiari che erano a monte dei dichiarati programmi iniziali.

Giove avrebbe dato mandato al direttore generale Montella di gestire, nel presente, soltanto l’ordinaria amministrazione. Gli entusiasmi dell’estate sono sopiti, sovrastati dalla mediocrità dei risultati e delle prestazioni. Nella vicenda potrebbe avere il suo anche la crisi che attanaglia il siderurgico in riferimento alle aziende dell’indotto.

A Taranto non si collabora mai con chi decide di farsi carico della gestione della maggiore società di calcio cittadina. I chiari insegnamenti del passato non sono mai serviti a nulla.

Una decisione, quella delle dimissioni di Massimo Giove, che interpreto come volontà di mettere i propri tesserati (tutti) di fronte alle loro responsabilità. Più che pensare a reconditi ed eventualmente mal celati motivi di abbandono.